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Valpolicella

Valpolicella: il regno del vino

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<<Devo tutto alla terra; i miei vitigni sono invecchiati con me>>.

Beppo ha ottant’anni e il suo passo è claudicante ma deciso. Simbolo di un mondo rurale basato sulla reciproca dipendenza tra uomo e terra, Beppo continua a condurre da solo la sua cantina. Il figlio ha scelto un’altra strada, ha preferito studiare economia. Cosa sarà un domani dell’azienda? Sorride e continua a trafficare con una vecchia macchina: << Serve per mescolare il vino, va fatto due volte al giorno>>. Nelle grandi imprese vitivinicole tutto è automatizzato e i container metallici hanno delle pale interne che mescolano il vino a intervalli regolari.

La Valpolicella, area a nord di Verona, è caratterizzata da una moltitudine di cantine. Piccola, familiare, estesa, imprenditoriale, l’industria del vino è un meccanismo complesso alla cui base c’è la produzione del Recioto e dell’Amarone. Quest’ultimo, nato venti anni fa, si è imposto sul mercato come vino secco e strutturato, un prodotto raffinato di alta qualità che ha contribuito alla rivalutazione del territorio. Terreni edificabili e agricoli hanno aumentato vertiginosamente il loro valore: si parla di trecentomila euro per un campo rispetto ai trentamila richiesti, per gli stessi ettari, nella pianura poco più a sud.

La Valpolicella è da sempre un territorio attraente. Le sue morbide colline sono incastonate tra il Lago di Garda e il Parco della Lessinia. Una zona immersa nel verde, dal clima temperato e dal suolo fecondo; un’immensa distesa di vigneti.

La scomparsa della mezzadria, decretata ufficialmente dalla legge del 1964, sancì la crisi della signoria terriera che dovette garantire una buonuscita ai contadini. Alcuni di questi divennero operai del marmo, alcuni artigiani; altri preferirono farsi pagare in terre. Così uomini come Beppo, fecero sacrifici, aprirono mutui per espandere i loro possedimenti e comprare un trattore. Da mezzadri divennero proprietari terrieri, viticoltori. Mentre la nobiltà scompariva e le fastose ville venivano messe in vendita, solo coloro che seppero investire nel vino sopravvissero.

Pieralvise Serègo Alighieri è uno di questi. <<Quando le persone sentono il mio cognome, mi guardano aspettandosi grandi cose; come se nella mia vita fossi obbligato a scrivere un’altra Divina Commedia>>. Pietro Alighieri, figlio di Dante, nel 1353 comprò una tenuta nel centro della Valpolicella, in località Gargagnago. In seguito la sua famiglia si legò alla casata dei Serègo, uno dei più antichi e nobili lignaggi della zona. <<Dagli anni ’90, con l’Amarone, è iniziata la corsa per saltare sul “carro del vino”, ma la mia casata è da secoli legata alla terra. È da lì che proviene la nostra vera ricchezza>> continua Pieralvise.

Il regno del vino: così appare la Valpolicella agli occhi di chi l’attraversa. L’Università di Enologia di San Floriano, le prestigiose cantine in ville settecentesche, la vendemmia tradizionale a mano o moderna mediante l’uso dei macchinari. Le parole di Beppo confermano che qui, in Valpolicella, il legame tra uomo e territorio rimane inossidabile e reciproco:

<<Devo tutto alla terra>>.

                                                                          © Daniele Sbampato & Mario Fracasso