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Un Buddha romano

Un Buddha romano

Nella periferia sud-est di Roma, tra il Grande Raccordo Anulare e il quartiere Prenestino, lontano dai monumenti classici, ma circondato da magazzini e capannoni industriali, c’è un edificio che cattura immediatamente l’attenzione: un grande tempio buddista con uno stile architettonico tradizionale cinese.

L’impressione, straniante anche per me arrivato in via dell’Omo appositamente per visitare il Tempio Hua Yi Si, è quella di un pezzetto di Cina antica sbucato in Italia per chissà quale magia. Cercando di raccogliere informazioni, scopro che è il tempio più grande dell’Europa Occidentale, inoltre è l’unico a richiamare in maniera così decisa e precisa l’architettura tradizionale cinese fuori dall’Asia. Chiedendo successivamente all’interno pareri su queste notizie, non troverò né conferme né smentite: sono nozioni che fedeli e monaci non degnano di attenzione. [continua dopo le foto]

La sensazione di trovarsi in Cina diventa pressoché certezza nel momento in cui si varca il passaggio del grande cancello che divide un’anonima strada romana dal giardino dell’edificio sacro. Il palazzo sacro appare ancora più maestoso, dall’interno delle mura, statue e piccoli alberi contribuiscono a creare un’atmosfera particolare. All’ingresso del tempio, quasi a fare da guardia ci sono due sculture di leoni, stilizzati esattamente come ci si aspetterebbe lo fossero in Estremo Oriente. Il primo incontro che si fa, una volta entrati nel tempio è una statua di marmo del “Budda felice”: il Budai. Dà l’impressione di accogliermi come un cordiale padrone di casa. Non è soltanto il sorriso a caratterizzare il Budai, ma il suo essere grasso: la pancia è considerata la sede dell’anima, e dunque il grosso ventre è un’allegoria della sua estrema bontà.

L’ospitalità dei monaci è una conferma della sensazione trasmessa dal Buddha. L’educata accoglienza è accompagnata da una grande riservatezza per la quale non è possibile intervistare i monaci, né tantomeno scattare loro foto.

Il forte profumo d’incenso e i canti rituali che rompono il silenzio, sono un richiamo deciso verso la sala di preghiera. Roma è separata solo sa poche mura, ma sembra lontana come fossi in Estremo Oriente. ©Diego Funaro